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Stella Gubelli
Amministratore Delegato
stella.gubelli@altisadvisory.com

Quando parliamo di sostenibilità aziendale, l’attenzione è spesso rivolta ai consumi energetici, al packaging o all’uso di fonti rinnovabili. Allargando il campo, la filiera di fornitura, soprattutto negli ultimi decenni, è certamente un ambito che necessita di essere valutato e gestito con maggiore approfondimento: essa può rappresentare la vera leva per valutare a pieno l’impronta ambientale e sociale di un’azienda.

Luoghi di produzione delle materie prime, modalità di trasporto, processi in outsourcing, condizioni di lavoro del personale sono soltanto alcuni dei tasselli della filiera che incidono sui possibili rischi ESG per un’impresa.

Il contesto normativo

La catena di fornitura è entrata di recente nelle norme di settore, in particolare con la Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CS3D) – nota come Direttiva (UE) 2024/1760, nella quale gli impatti che sono presi in considerazione non sono soltanto quelli della singola azienda, ma appunto di tutti i fornitori ad essa collegati.

Sebbene questa normativa abbia alzato il livello di attenzione sui temi ESG, il pacchetto Omnibus, presentato dall’UE lo scorso febbraio, con un primo obiettivo di semplificazione delle normative in tema sostenibilità, ha ridimensionato l’impatto in termini di trasparenza ESG proponendo la limitazione degli obblighi alle aziende con almeno con almeno 1.000 dipendenti. A questo, è seguito un aggiornamento lo scorso 13 novembre 2025, quando il Parlamento Europeo ha proposto di alzare la soglia di obbligo di due diligence alle aziende con oltre 5.000 dipendenti e un fatturato netto di 1.5 miliardi. La proposta sarà oggetto di negoziati e approvazione da parte degli Stati entro la fine del 2025.

Framework e approccio base

Da un’indagine del 2023 realizzata da Global Compact su un campione di circa 40 aziende di grandi dimensioni, è emerso che circa l’85% delle imprese ha definito una policy ESG sulla catena di fornitura e sistemi di qualifica dei fornitori, mentre il 78% utilizza un portale di qualifica di fornitori. Questi dati sono certamente positivi, ma cosa è necessario fare per poter valutare correttamente i fornitori e definire un approccio efficace alla loro gestione?
Una volta definiti dei criteri all’interno di un perimetro di analisi, ad esempio dividere i fornitori per area geografica o per categoria merceologica, si dovrà intervenire utilizzando i criteri ESG per analizzare e monitorare i possibili rischi della catena di fornitura. In questo caso parliamo di un approccio base alla gestione dei fornitori.

Rischi ESG: cosa valutare

Tra quelli ambientali, i rischi da analizzare sono, ad esempio, l’uso delle risorse e la gestione dei rifiuti, la tracciabilità dei materiali e l’utilizzo di sostanze chimiche. Gli aspetti sociali sono tra i più controversi; un buon fornitore dovrà necessariamente rispettare le normative sui diritti dei lavoratori, garantire sicurezza ai suoi dipendenti.
Anche la governance è un aspetto che le aziende devono osservare e monitorare. Un fornitore che, ad esempio, condivide in modo trasparente le proprie informazioni, che rispetta le norme sulla privacy e agisce secondo standard internazionali, tra cui la Direttiva CS3D e gli standard ESRS, Linee guida OCSE per Imprese Multinazionali, specifica per i fornitori ad alto rischio, percepito come sicuramente più affidabile rispetto ai competitor che non condividono tali informazioni.
Tutti questi elementi rappresentano dunque dei potenziali rischi che l’azienda potrebbe dover gestire a seguito delle scelte dei fornitori della propria supply chain.

Un approccio strategico

Una volta superata la fase base di individuazione, valutazione e controllo, che è tipico di un approccio basato sulla gestione dei rischi, l’azienda che intende gestire strategicamente i fornitori può attivare un piano di miglioramento della rosa dei fornitori o ideare in co-progettazione delle attività nel medio-lungo periodo, con l’obiettivo di creare vere e proprie collaborazioni e partnership. In questo caso, invece, si parla di approccio strategico che può interessare o i processi produttivi del fornitore, con un focus sulla dimensione ambientale, oppure l’offerta che l’azienda può dare ai clienti, migliorando quindi anche la reputazione aziendale sul mercato.

Quali sono gli strumenti per la gestione della Supply Chain?

Oggi le imprese hanno a disposizione diversi strumenti per valutare le performance dei fornitori. Tra i principali ci sono:

Questionari ESG pre-qualifica: una serie di domande per valutare come e quanto i fornitori gestiscono le principali dimensioni ESG
– Audit ESG: verifiche su siti produttivi, sicurezza, gestione ambientale utili soprattutto per fornitori critici o ad alto rischio
– Scorecard ESG: sistemi di punteggio che sintetizzano la performance del fornitore. Questo strumento consente una rapida comparazione dei risultati e la possibilità di creare con più facilità dei report sui fornitori, a cui viene assegnato un rating in base a degli indicatori scelti dall’azienda.

Esistono poi strumenti più complessi come piattaforme esterne (EcoVadis, Open-ES) che permettono benchmark con cluster omogenei e offrono dashboard e attestati utilizzabili dai fornitori; o come i sistemi di digital tracing che grazie alla blockchain e alla tracciabilità digitale permettono di monitorare l’origine delle materie prime utilizzate.

Agire preventivamente con la due diligence

Una supply chain non monitorata può esporre l’azienda a diverse criticità. La presenza di fornitori che non rispettano pienamente le normative — ad esempio in materia di diritti dei lavoratori, gestione ambientale o trasparenza — può generare impatti negativi sulla credibilità dell’impresa.

Si tratta di comportamenti che, fortunatamente, non sono in linea con le prassi responsabili oggi diffusi tra le aziende sostenibili.
Quindi, una due diligence ESG strutturata consente quindi alle aziende di gestire questi rischi. In particolare consente di:
– identificare le vulnerabilità degli attori nella filiera
– agire tempestivamente per risolvere le criticità
– rafforzare la trasparenza verso gli stakeholder
– aumentare la capacità di adattamento ai cambiamenti da parte dell’azienda

Un’azienda che mira a definirsi sostenibile deve necessariamente considerare nella propria strategia un programma ESG per i propri fornitori. Questo deve essere costruito in modo dinamico, collaborativo e trasparente in concerto con i fornitori, ma anche con professionisti esperti che possono intervenire e guidare il management.

La transizione sostenibile passa da qui: da filiere più consapevoli, trasparenti e collaborative.

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