Il quadro europeo per la sostenibilità
Il Green Deal europeo rappresenta la strategia con cui l’Unione Europea intende guidare la transizione verde fino al raggiungimento della neutralità climatica entro il 2050. All’interno di questo quadro, la filiera agroalimentare di cui il settore mangimistico è parte, gioca un ruolo di primo piano, essendo responsabile di circa l’11% delle emissioni complessive di gas a effetto serra a livello europeo. Per questa ragione, il settore è soggetto di numerose normative, alcune dedicate, altre di natura trasversale.
La strategia e le normative di settore
La strategia Farm to Fork è il cuore della transizione sostenibile del sistema agroalimentare. Le iniziative previste promuovono un nuovo modello produttivo che garantisca al contempo il sostentamento delle attuali e future generazioni e la riduzione dell’impatto ambientale di tutta la filiera, dalla produzione, “Farm”, al consumo, “Fork”. In questo contesto, il settore mangimistico è coinvolto sia da misure specifiche che da azioni più generiche.
Le iniziative specifiche nascono dalla consapevolezza che circa il 70% delle emissioni della filiera agroalimentare è attribuibile all’allevamento, il quale produce non solo CO2, ma anche gas serra ad alto potenziale climalterante come metano (CH4) e protossido di azoto (N2O). Conseguentemente, intervenire sui mangimi rappresenta una leva per ridurre l’impatto ambientale degli animali con essi allevati. In quest’ottica, la Commissione Europea promuove l’utilizzo di additivi innovativi in grado di abbattere le emissioni derivanti dalla digestione degli animali e dalla gestione dei reflui zootecnici, e sostiene la diversificazione delle fonti proteiche, con l’obiettivo di ridurre la dipendenza da materie prime ad alto impatto ambientale, come la soia proveniente da aree soggette a deforestazione, sostituendole con soluzioni alternative come insetti, alghe e sottoprodotti di altre filiere.
Le misure di carattere più generale previste dalla strategia Farm to Fork non coinvolgono direttamente il settore mangimistico, ma ne influenzano il contesto operativo. In particolare, queste politiche incidono sui costi di produzione degli agricoltori e sull’accesso a sussidi, con effetti indiretti sul prezzo e sulla disponibilità delle materie prime acquistate dalle aziende mangimistiche. Rientrano in questo ambito, ad esempio, le misure per migliorare la gestione dei nutrienti, la progressiva riduzione dell’uso di pesticidi chimici accompagnata dal rafforzamento della difesa integrata, così come gli incentivi al carbon farming e all’agricoltura biologica. In questo contesto, tali iniziative possono diventare anche strumenti utili per selezionare fornitori più sostenibili, contribuendo a rendere il comparto mangimistico più allineato agli obiettivi europei e alle aspettative dei propri stakeholder.
Al quadro strategico si affianca quello normativo. Di particolare rilevanza per le aziende mangimistiche è il Regolamento UE 2023/1115 sui Prodotti a Deforestazione Zero, che entrerà in vigore dal 30 dicembre 2025 per le grandi imprese e dal 30 giugno 2026 per le piccole, e che stabilisce l’obbligo di due diligence per le aziende che immettono sul mercato prodotti associati a deforestazione, tra cui figurano la soia e i suoi derivati. Le imprese saranno tenute a garantire la tracciabilità delle materie prime, dimostrando che non provengano da aree deforestate, attraverso immagini satellitari e coordinate GPS. Per le aziende mangimistiche, che dipendono in buona parte da materie prime importate, si tratta di un cambiamento sostanziale, che impone una revisione dei criteri di approvvigionamento.
Infine, con l’arrivo del 2026, avverrà il passaggio dalla fase transitoria a quella definitiva del CBAM (Carbon Border Adjustment Mechanism) che introdurrà un prezzo del carbonio sulle importazioni di materie prime ad alta intensità emissiva, tra cui figurano i fertilizzanti chimici e minerali. Questo potrebbe tradursi in un aumento dei costi per l’approvvigionamento di queste materie prime, con ricadute su tutta la filiera.
Le normative trasversali
Tra le normative del Green Deal che interessano tutti i settori economici, due direttive europee assumono particolare rilevanza anche per il settore mangimistico: la CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive) e la CSDDD (Corporate Sustainability Due Diligence Directive).
La CSRD, recepita in Italia con il D.Lgs. 125/2024, impone alle imprese di integrare nel Bilancio d’esercizio una Relazione di sostenibilità conforme agli standard europei (ESRS). L’obiettivo è rendere trasparente il modo in cui l’azienda affronta le tematiche ambientali, sociali e di governance (ESG). Con l’intervento “correttivo” approvato ad aprile 2025 dal Parlamento europeo, l’entrata in vigore dell’obbligo è stata posticipata al 2027 per le grandi imprese e al 2028 per le PMI quotate, rispetto alla scadenza iniziale fissata al 2025. Questa revisione rientra nel più ampio “Pacchetto Omnibus”, una serie di misure volte a semplificare e armonizzare le normative europee in tema di sostenibilità.
In parallelo, la CSDDD, approvata nel 2024 e da recepire negli ordinamenti degli Stati membri entro il 2027, introdurrà per le imprese con oltre 1.000 dipendenti l’obbligo di adottare un sistema di due diligence sulla catena del valore. Per gli operatori mangimistici coinvolti, ciò significherà dover mappare e monitorare con attenzione i rischi ambientali e sociali lungo tutta la supply chain. Questo approccio è coerente con la logica di responsabilità estesa promossa dall’UE e si collega alle prescrizioni del Regolamento sui Prodotti a Deforestazione Zero.
La sostenibilità nel business: le leve prioritarie per il settore
L’evoluzione del quadro normativo europeo in materia di sostenibilità, unita alla crescente attenzione di tutti gli operatori coinvolti nella catena del valore verso i fattori ESG, sta accelerando il processo di trasformazione dell’intera filiera agroalimentare, quindi anche del settore mangimistico. Le imprese sono oggi chiamate non solo a conformarsi alle nuove regole, ma a ripensare al proprio ruolo nella transizione verde e nella costruzione di una filiera che sia allo stesso tempo efficiente e resiliente.
Incamminarsi sul sentiero della sostenibilità significa innanzitutto prendere coscienza dei temi trasversali che sono imprescindibili per qualsiasi azienda, come:
• l’impegno a contrastare i cambiamenti climatici: Definire politiche ambientali mirate alla riduzione delle emissioni climalteranti e alla transizione verso un modello economico a basse emissioni di carbonio, estendendo questi impegni anche alla filiera.
• la tutela delle persone e la promozione del benessere lavorativo: Rafforzare la cultura della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, implementare politiche di welfare, monitorare la parità retributiva e favorire sistemi di valutazione delle performance per valorizzare il capitale umano.
• l’impegno per l’etica e la trasparenza aziendale: Rafforzare le politiche di integrità, etica e responsabilità d’impresa, attraverso la definizione di un piano strategico di sostenibilità, la pubblicazione di un report di sostenibilità e la comunicazione trasparente delle informazioni ESG.
Allo stesso tempo, per avviarsi su un percorso che sia solido e credibile è fondamentale comprendere e valutare gli impatti generati lungo tutta la catena del valore, identificando le aree su cui l’impresa può intervenire in modo concreto. Tale analisi deve tener conto sia delle peculiarità del settore, sia di quelle della singola azienda. Tra i tanti temi di sostenibilità si possono quindi individuare diversi ambiti su cui le imprese del settore sono chiamate a intervenire:
• efficienza energetica e riduzione dell’impatto ambientale diretto: Promuovere il ricorso a fonti rinnovabili, migliorare le performance energetiche degli stabilimenti, ridurre gli imballaggi privilegiando quelli realizzati con materiali sostenibili
• innovazione delle formulazioni mangimistiche: Sviluppare mangimi a minore impatto climatico, promuovendo l’uso di additivi capaci di ridurre le emissioni generate dagli animali allevati, diversificando le fonti proteiche con soluzioni alternative come insetti e alghe, e valorizzando sottoprodotti di altre filiere, incentivando l’economia circolare e riducendo gli sprechi e il consumo di risorse naturali.
• tracciabilità delle materie prime e presidio della catena di fornitura: Strutturare sistemi di tracciabilità in grado di garantire la sostenibilità delle materie prime e quindi dei prodotti lungo tutta la catena del valore, in linea con i requisiti normativi europei, come quelli del Regolamento sui Prodotti a Deforestazione Zero e della CSDDD, e le aspettative degli stakeholder.
• sicurezza alimentare e qualità nutrizionale: Assicurare, nonostante i cambiamenti richiesti al settore, che i mangimi siano non solo sostenibili ma anche sicuri, bilanciati e conformi agli standard nutrizionali, contribuendo così alla salute degli animali e alla qualità delle produzioni zootecniche.
Riconoscere e valorizzare questi ambiti di sostenibilità specifici per il settore consente alle imprese non solo di rispondere alle richieste sempre più stringenti del mercato e delle regolamentazioni, ma anche di consolidare il proprio posizionamento nel medio-lungo termine. In un comparto profondamente legato alle dinamiche ambientali e sociali globali, la sostenibilità rappresenta una leva strategica fondamentale per creare valore. Le spinte normative e le aspettative degli stakeholder sono infatti solo l’inizio, a fare la differenza sarà la capacità di sfruttare questi stimoli in innovazione, trasformandoli in una leva competitiva.