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Valentina Bramanti
Responsabile Strategia e Reporting
valentina.bramanti@altisadvisory.com
Materialità: da definizione tradizionale a doppia prospettiva
L’analisi di materialità è l’attività che consente a un’organizzazione di individuare gli impatti, ovvero gli effetti ESG rilevanti sui propri stakeholder. La rendicontazione di sostenibilità ha preso in prestito questo concetto dal linguaggio finanziario, in cui un’informazione è considerata materiale quando la sua omissione, incompletezza o comunicazione errata impedisce ai destinatari di assumere decisioni consapevoli. In altre parole, ciò che è materiale è anche strategico, poiché consente di comprendere quali elementi del modello di business e del contesto competitivo contribuiscono a generare valore duraturo nel tempo.
In ambito ESG, la materialità rappresenta dunque il primo passo per definire un Piano strategico di sostenibilità e per individuare gli argomenti da trattare nel Bilancio o nella Dichiarazione di sostenibilità. Con l’evoluzione normativa il concetto si è trasformato: la Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD), che introduce per le imprese di grandi dimensioni l’obbligo di rendicontare le informazioni rilevanti in materia di sostenibilità, ha sancito l’affermazione del principio della doppia materialità. Da un lato, l’organizzazione deve chiedersi quali impatti positivi o negativi, potenziali o effettivi, genera o contribuisce a generare sugli stakeholder (prospettiva inside-out). Dall’altro, è chiamata a identificare rischi e opportunità ESG che possono influenzare in modo significativo la sua capacità di creare valore economico nel tempo (prospettiva outside-in). La sostenibilità viene dunque riconosciuta come componente fondamentale del modello di creazione di valore, andando oltre una concezione riduttiva che la identificava con pratiche filantropiche o di responsabilità sociale.
Materialità statica vs dinamica: perché aggiornare periodicamente l’analisi
La duplice prospettiva rafforza il valore strategico della materialità, che deve quindi adattarsi in modo continuo ai cambiamenti del contesto: nuove normative, pressioni e aspettative degli stakeholder, trasformazioni del settore o del modello di business. La normativa non stabilisce una frequenza obbligatoria di aggiornamento, ma è buona prassi rivedere l’analisi almeno una volta all’anno e ogniqualvolta si verifichino cambiamenti significativi nel contesto in cui opera l’organizzazione.
Questi cambiamenti possono derivare sia da decisioni organizzative (ad esempio il lancio di un nuovo prodotto o l’esternalizzazione di una fase produttiva), sia da fattori esterni, come modifiche legislative o nuove esigenze degli stakeholder. Aggiornare non significa stravolgere quanto fatto, ma integrare e ricalibrare i risultati dell’analisi precedente. Un esempio significativo è quello dei diritti dei consumatori, che con la digitalizzazione dei processi di vendita e l’introduzione dell’intelligenza artificiale hanno assunto nuove connotazioni. Questo ha spinto molte aziende a includere nei propri Bilanci di sostenibilità il tema della cybersecurity come aspetto “materiale”.
Dialogo con gli stakeholder: mappare, selezionare, coinvolgere
Un’analisi di doppia materialità dinamica richiede un’interazione costante con le persone chiave all’interno dell’organizzazione e con gli stakeholder esterni rilevanti, che possono essere coinvolti sia nella fase di identificazione di impatti, rischi e opportunità, sia nella valutazione della loro rilevanza. Le domande che spesso si pongono le aziende sono: quali stakeholder coinvolgere, in quale fase del processo e con quali modalità?
Per implementare un processo di materialità efficace, il punto di partenza è il coinvolgimento degli stakeholder interni. Occorre attivare le persone che presidiano gli impatti e hanno una conoscenza a 360 gradi dell’organizzazione, vale a dire i responsabili delle funzioni o divisioni aziendali insieme alla Direzione. È importante accompagnarli nella comprensione degli obiettivi dell’analisi e della terminologia utilizzata dagli standard di rendicontazione, anche attraverso benchmark o casi concreti relativi a competitor e imprese della catena del valore. Gli esiti dell’analisi, inoltre, devono essere validati dalla Direzione per garantirne coerenza e rilevanza strategica.
Accanto al coinvolgimento interno, è fondamentale selezionare gli stakeholder esterni strategici, da includere nel processo per arricchire e validare i ragionamenti sviluppati internamente. Il primo passo è costruire una mappa che consenta di categorizzarli e attribuire priorità: coinvolgerli tutti non è realistico, per ragioni di tempo e risorse, ed è quindi necessario operare una selezione. Tra i criteri più utili figurano il livello di influenza esercitato sull’organizzazione e il grado di interesse o di esposizione agli impatti delle sue strategie di sostenibilità.
Una volta stabiliti gli stakeholder rilevanti, occorre definire le modalità di coinvolgimento, valutando se esistono già canali di comunicazione da poter sfruttare. Per esempio, per i dipendenti si possono utilizzare la intranet aziendale o video-pillole informative accompagnate da un questionario; nel caso degli agenti della rete vendita, una convention può diventare un momento di ascolto. In altri casi si rendono necessari incontri, interviste o focus group ad hoc.
Un ulteriore aspetto da considerare è il grado di conoscenza e preparazione degli stakeholder sulla sostenibilità. Per valutare la rilevanza economico-finanziaria, ad esempio, è fondamentale il contributo di attori con una visione approfondita del business, come il risk management, il CFO, la proprietà, gli investitori o le associazioni di categoria. A questi si aggiungono, in coerenza con quanto previsto dalla CSRD e dagli ESRS, i rappresentanti dei lavoratori, che devono essere informati e consultati sui temi rilevanti e sulle modalità di raccolta e verifica delle informazioni di sostenibilità. Infine, anche gli utilizzatori della rendicontazione di sostenibilità (come analisti o soggetti finanziatori) e altri esperti indipendenti possono fornire input utili per validare e arricchire le conclusioni dell’analisi.
In sintesi, l’approccio consigliato è individuare con chiarezza gli stakeholder chiave, portare a bordo le persone interne all’organizzazione che presidiano gli impatti e verificare l’esistenza di strumenti già attivi per dialogare con gli stakeholder esterni. Se necessario, scegliere tra forme di coinvolgimento qualitativo (focus group, interviste) o strutturato (questionari). Spesso un mix delle due modalità rappresenta la soluzione più efficace, soprattutto nelle prime esperienze di analisi. Infine, è bene che gli esiti dell’analisi siano approvati dalla Direzione.
Implementazione efficace: cultura e strumenti digitali
Nell’effettuare questi passaggi metodologici, un supporto può arrivare dagli strumenti digitali, come piattaforme ESG e software con moduli dedicati alla sostenibilità. Tali strumenti permettono di accelerare e rendere più trasparente il processo, consentendo di definire diversi livelli di approvazione e garantendo la tracciabilità delle attività, un aspetto particolarmente utile per le aziende soggette a obbligo normativo. Tuttavia, le piattaforme rappresentano un supporto: perché il processo sia realmente efficace, è necessario lavorare alla costruzione di una cultura della sostenibilità diffusa all’interno dell’organizzazione e allo sviluppo di competenze specifiche, come la capacità di analizzare i rischi ESG.
Queste competenze possono essere sviluppate internamente oppure acquisite dall’esterno, ma restano imprescindibili. Nessuna piattaforma digitale può infatti sostituire il contributo delle persone in questo esercizio critico. La materialità è un processo collegiale che richiede conoscenza delle tematiche ESG, padronanza degli standard di rendicontazione (GRI ed ESRS), capacità di sintesi e visione strategica. Gli strumenti digitali possono affiancare e semplificare il lavoro di un CSR Manager o di un Responsabile sostenibilità qualificato, ma non possono sostituire le competenze e la responsabilità delle persone.
Leadership sostenibile: anticipare il cambiamento e guidare il futuro
Essere reattivi non basta: chi gestisce la materialità in modo dinamico dimostra di essere proattivo e resiliente. L’analisi di materialità, se correttamente integrata nei processi aziendali, non serve solo alla rendicontazione, ma diventa uno strumento con cui orientare le scelte strategiche, anticipare le richieste del contesto e affrontare con maggiore preparazione le sfide future.
Per questo non va intesa come un mero esercizio tecnico, ma come un’opportunità di ascolto degli stakeholder, di costruzione di cultura orientata alla sostenibilità e di accrescimento della consapevolezza circa gli impatti generati e subiti. È anche un punto di partenza per fissare obiettivi concreti, individuare aree di miglioramento e valorizzare i punti di forza.